Sci-escursione sotto l’eclissi
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di Arturo Pellegrini
20 Marzo. Domani è Primavera. Eppure di neve sulle montagne ce n’è ancora tanta, anche se negli ultimi giorni ci è piovuto un po’ sopra; anzi un po’ di pioggia dovrebbe aver assestato il manto di neve fresca caduta ad inizio settimana. Abbiamo fatto bene ieri sera durante la “serata biblioteca” al CAI a decidere di fare quest’escursione oggi, venerdì. Tanto più perché domenica è prevista ancora pioggia e maltempo, come domenica scorsa. Questo maltempo che colpisce soprattutto nei fine settimana ci ha impedito di effettuare due della quattro sci escursioni proposte in calendario; soprattutto ci è dispiaciuto di non poter ancora effettuare un’escursione con gli allievi che hanno frequentato il corso di sci di fondo, ma contiamo ancora di farla una delle prossime domeniche. E poi ieri sera quel filmato di Alberto Sciamplicotti dedicato al famoso sciatore telemarker Giorgio Daidola ci ha proprio caricato ed invogliato a descrivere qualche ghirigoro sulla neve vergine che si può trovare negli angoli più remoti delle nostre montagne. Daidola parlava della voglia di esplorazione e di avventura che lo ha sempre animato e lo ha portato a visitare luoghi sconosciuti ai confino del mondo, in Armenia, in Norvegia, in Himalaya. Noi ci contentiamo di visitare il Vallone Lampazzo, un angolo del Parco nella zona di Pescasseroli, l’importante è avere la stessa voglia. E poi oggi c’è l’eclissi di sole, chissà come si vedrà da queste montagne?
Ed ora eccoci qui nel pianoro che abbiamo incontrato dopo un lungo tratto nello stretto vallone, ad oltre un’ora dalla partenza da Passo del Diavolo. Sono con Mario, Piero e Fabio, i soliti assidui dello sci escursionismo. Guardiamo il sole attraverso due occhiali sovrapposti e si vede bene il disco oscurato quasi per metà dalla luna, ma la luminosità intensa non è intaccata da nessuna ombra in questa giornata chiarissima, senza nube alcuna. Proseguiamo verso la sella che chiude in alto il vallone. Dopo un tratto di slalom tra alberi ed arbusti piegati dal vento e dalla neve usciamo nel vasto pianoro di stazzo Lampazzo e ci appare sulla sinistra la dorsale di Monte de Valle Caprara e sulla destra la cresta di Rocca Genovese; verso questa dirigiamo i nostri sci perché ci appare più abbordabile. Il disco solare è ormai intaccato solo in minima parte, l’eclissi è al termine. Superato un tratto di bosco ripido siamo sulla sella che ci separa dalla Vallelonga; si apre un’ampia visuale sulle sue montagne innevatissime. Ora il pendio fino alla cresta sommitale diventa molto più ripido. Gli amici che hanno sci da escursionismo decidono di lasciarli lì e proseguire a piedi, lungo una costola della montagna che presenta tratti senza neve con sassi e zone d’erba affioranti: deve essere stato il vento a tenere pulito questo spigolo della montagna. Io voglio provare a salire coi miei sci più larghi ed attacco il ripido pendio, ma presto devo desistere. Salire sulla pendenza massima è impossibile nonostante le pelli di foca, ci vorrebbe un attacco da scialpinismo con l’alzatacco. Di andare in diagonale non se ne parla; gli sci scivolano in basso a causa della neve umida e della forte pendenza; ci vorrebbero i rampanti. E’ un terreno da scialpinismo anche tosto, valuto la pendenza su un 60/65 percento. Mollo anch’io gli sci e seguo gli amici a piedi. E’ Mario, il ”meno giovane”, ad insistere a voler raggiungere assolutamente la cima, nonostante la fatica. Raggiunta finalmente la cresta sommitale dobbiamo prestare attenzione a quella che pare una grande cornice e ci spostiamo con cautela verso un punto distinto da un ometto di sassi, sulla carta quota 1922 m di Rocca Genovese. Il panorama è grandioso a 360 gradi, compaiono tutti i maggiori gruppi dell’Appennino centrale. Dopo qualche foto, si leva un freddo venticello che ci induce a ridiscendere presso i nostri sci per consumare lo spuntino seduti al sole sulle rocce affioranti.
E’ ora il momento della discesa. Dopo il tratto nel bosco fitto che ci costringe a qualche scaletta, all’uscita sul vasto pianoro nel vedere le morbide gobbe di neve immacolata mi vengono in mente le immagini del film di ieri sera con le evoluzioni a telemark di Daidola e mi butto anch’io in una serie di curve inginocchiate. Anche gli amici scendono questo tratto divertendosi e lasciando serpentine più o meno regolari sulla neve; e presto tutto il bianco costone è disegnato dalle nostre scie. Abbiamo posto la nostra firma anche su queste nevi che prima non conoscevamo. Stiamo ormai rientrando, ma già pensiamo alla prossima uscita, alla prossima sciata, alle prossime nevi da firmare.
Testo di Arturo Pellegrini
foto di Piero Lancia