Camminando sulla faglia

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Pubblicato da Piero Lancia

02 Nov 2017 - 07.32

Castelluccio di Norcia a un anno dal terremoto

 

Chi conosce Mario e Arturo sa, con molta probabilità, che collezionano le cime di duemila metri dell'Appennino. Quelle vicino casa, in cui è possibile andare e tornare in giornata, sono ormai tutte fatte. Per continuare nella collezione bisogna andare più lontano, su gruppi montuosi che abbiamo frequentato raramente. L'obiettivo erano i monti Sibillini, rinviati tante volte a causa del terremoto dell'anno scorso. Abbiamo atteso a lungo il momento propizio, infine ci siamo decisi in questo ottobre dai connotati di fine estate. Base di partenza delle nostre escursioni è stato Castelluccio di Norcia, il piccolo borgo che domina dall'alto gli omonimi piani. Duramente colpito dal terremoto di un anno fa, è ancora in uno stato di assoluta emergenza. Saliamo da Arquata del Tronto passando davanti ad un cartello di divieto: la strada è chiusa. Incrociamo un'auto dei carabinieri ma non ci dicono nulla: proseguiamo e arriviamo su senza particolari problemi. La giornata è soleggiata ma incontriamo solo un escursionista solitario (è venerdì). La montagna è ferita: faglie lunghe chilometri tagliano lo strato erboso sui fianchi della montagna, la scossa ha creato degli scalini alti una ventina di centimetri. La forza mostruosa del terremoto ha spaccato queste montagne enormi. Castelluccio è presidiata da un militare a cui chiediamo se è possibile trovare un alloggio. Ci indica un B&B: il portone è aperto ma la porta a vetri è sbarrata, anche se dietro si intravede una tavola apparecchiata. Non c'è verso di trovare qualcuno che ci apra; al di là comincia la zona rossa. Sulla porta dell'agriturismo che è più in là c'è un numero di cellulare. Chiamo: una voce sconsolata mi risponde che hanno dovuto chiudere da una settimana, dopo la chiusura della strada che sale dal versante marchigiano non arrivano più clienti. Scendiamo per la notte a Norcia: incontriamo ben cinque semafori che regolano il senso unico alternato dove la strada è parzialmente franata o invasa dai detriti. Arriviamo che è notte da un pezzo. Il B&B ha una stanza libera, le altre sono occupate da famiglie di sfollati. Ceniamo in un tendone: i ristoratori si sono organizzati così da quando le loro strutture sono inagibili. Al mattino successivo risaliamo a Castelluccio per un'altra escursione. Incontriamo un pastore kosovaro che vive in una roulotte insieme alle sue pecore e gli agnelli: scenderà a valle quando le condizioni del tempo non gli permetteranno più di restare qui. Fra pochi giorni chiuderà anche la strada che sale da Norcia. Arriverà l'inverno e Castelluccio resterà isolato nella sua solenne bellezza. Ce ne andiamo con la soddisfazione delle tante cime raggiunte e con la triste consapevolezza che, prima di tornare a una parvenza di normalità, le genti di queste montagne dovranno lottare e avere ancora tanta pazienza.

 

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